Lavoro e Business

Studio RBS: il lavoro agile coinvolgerà 10 milioni di professionisti, con una crescita del 34% sul totale occupati

Studio RBS: il lavoro agile coinvolgerà 10 milioni di professionisti, con una crescita del 34% sul totale occupati

-Lo studio elaborato da Rome Business School analizza le tendenze nell’organizzazione del lavoro del post covid, con 7 milioni di lavoratori agili e una crescita del 34% sul totale degli occupati;

-Per il settore pubblico la ricerca riporta che, sebbene il 95% degli enti locali ha adottato il lavoro agile, gli italiani restano i meno soddisfatti in Europa sulla qualità dei servizi;

-I dati analizzati mettono in luce come, nonostante il lavoro agile, l’impatto del Covid abbia pesato particolarmente sulle donne in termini di partecipazione economica anche se con grandi disparità regionali (il 65% di occupazione femminile nel Trentino Alto-Adige contro il 20% in Calabria).

Rome Business School ha pubblicato un’analisi sulle sfide e le tendenze del mondo del lavoro dopo la pandemia: “WORK-LIFE BALANCE e GENDER GAP. La vera sfida per il futuro del lavoro” (a cura del Prof. Valerio Mancini, Direttore del Rome Business School Research Center) che evidenzia la crescita esponenziale del lavoro agile, anche nel settore pubblico, ma colloca ancora l’Italia agli ultimi posti tra i paesi industrializzati per la qualità dell’impiego.

In un’economia post covid profondamente caratterizzata da smart working, autonomia e flessibilità, lo studio rileva che la produttività del lavoro, sia nel settore privato che in quello pubblico, sarà condizionata dalla capacità di assicurare ai lavoratori un equilibrio tra lavoro e vita privata.

I dati raccolti evidenziano come gli investimenti in pratiche di work-life balance siano in grado di migliorare le prestazioni professionali, e quindi di aumentare la produttività, ma anche di contribuire a ridurre quella disparità di genere tanto attesa nelle misure di Recovery Plan. Rispetto a quest’ultimo punto, i dati analizzati mettono in luce come l’impatto del Covid abbia pesato particolarmente sulle donne in termini di partecipazione economica, anche per questioni legate alla gestione quotidiana della vita familiare.

Sempre rispetto al gender gap nel lavoro la ricerca rivela che, sebbene i risultati dell’ultimo Report del World Economic Forum – WEF segnino un miglioramento per l’Italia, posizionandosi al 62esimo posto su 156 economie prese in considerazione (nel 2020 era 76esima), i redditi femminili in media sono del 42,8% più bassi rispetto a quelli degli uomini. E anche quando svolgono mansioni simili, le donne scontano ancora un gap di ben il 46,7% rispetto agli stipendi dei colleghi.

Lo Studio sottolinea che la percentuale di lavoratori “agili” è cresciuta fino al 34% sul totale degli occupati, coinvolgendo circa 7 milioni di lavoratori; di questi, la maggior parte appartiene al settore privato, mentre circa 2 milioni lavorano nella Pubblica Amministrazione.

“Per l’Italia si suppone che i professionisti che opereranno in mobilità raggiungeranno entro il 2022 la soglia dei 10 milioni”, il lavoro agile – rileva Mancini- tenderà a diventare un fenomeno strutturale.

Tuttavia, dallo studio emerge che “il 74% degli italiani ha l’imminente necessità di ricevere una formazione sulle potenzialità dello smart working e sulla digitalizzazione del lavoro” proprio a tutela del benessere personale e familiare e, affinché il lavoro agile sia una vera opportunità, il 61% delle famiglie ritiene che dovrebbe essere modulato lasciando al lavoratore stesso la possibilità di decidere se, quando e dove effettuarlo.

“In tale contesto, rientra anche il recente dibattito sul diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche al lavoratore in smart working” inserito come emendamento al decreto legge 13 marzo 2021, n. 30 e approvato dalle Commissioni permanenti di Lavoro e Affari sociali Il 15 aprile scorso.

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