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Ricerca Rome Business School: L’Italia è tra i primi al mondo in sviluppo IA ma indietro in digitalizzazione: è al 23º posto rispetto ai 27 stati UE

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L’Italia è tra i primi al mondo in sviluppo IA ma indietro in digitalizzazione: è al 23º posto rispetto ai 27 stati UE

· In Italia il mercato dell’Intelligenza Artificiale è cresciuto del +27% nel 2021 (380 milioni di euro), raddoppiando il suo valore in appena due anni;

· Si registra un numero crescente di start-up con competenze IA e il 53% delle imprese medio-grandi italiane dichiara di aver avviato almeno un progetto di IA, coinvolti soprattutto i settori manufatturiero, bancario-finanziario e assicurazioni;

· La trasformazione digitale rappresenta un mercato che incide per oltre il 4% del PIL italiano ed è in costante crescita: il 67% delle aziende italiane nel 2021 ha messo in atto tecnologie digitali, rispetto al 58% dell’anno precedente;

· Nonostante ciò, rispetto ai 27 stati UE, l’Italia è al 17º posto per fattori abilitanti della trasformazione digitale, al 18º per digitalizzazione della PA, al 20º posto rispetto per digitalizzazione dell’economia e della società, risulta 23º per digitalizzazione e addirittura 25º per diffusione delle competenze digitali;

· La crescita digitale più avanzata è nella Provincia Autonoma di Trento, in Lombardia e nella Provincia Autonoma di Bolzano, in fondo alla classifica ci sono Basilicata, Calabria e Molise.

· Il 60% delle famiglie italiane afferma di non saper utilizzare Internet e il 10% non ha alcuna connessione alla rete;

· Nel 2021, i server italiani hanno registrato una percentuale di compromissione di quasi il 60% in più rispetto all’anno precedente, colpiti principalmente il settore di Finanza e Assicurazioni, e la Pubblica Amministrazione.

Rome Business School, parte di Planeta Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta, ha pubblicato la ricerca “L’Italia tra digitalizzazione e intelligenza artificiale. Il ruolo del PNRR nel costruire l’Italia del futuro”. Lo studio, a cura di Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School, Francesco Amendola, Program Director dello Specialized Master in Data Science e dell’Executive Master in Data Science e William Carbone, Program Director del Professional Master in Artificial Intelligence, fa un’analisi dell’asse strategico di digitalizzazione e innovazione del PNRR, con particolare focus sullo stato di avanzamento dell’Italia nell’IA. La ricerca evidenzia l’arretratezza tecnologica dell’Italia, i passi avanti fatti, e il forte contrasto dato dall’essere oggi un Paese tra i primi a livello internazionale per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.

Il settore dell’IA è in piena espansione a livello globale, ricevendo circa 93,5 miliardi di dollari di investimenti privati nel 2021, più del doppio degli investimenti privati totali nel 2020. Si prevede che la dimensione del mercato globale dell’IA crescerà ad un tasso del 42,2% nel periodo 2020-2027. Secondo l’Osservatorio del MIP, in Italia il mercato dell’AI è cresciuto del +27% nel 2021, raggiungendo quota 380 milioni di euro, un valore raddoppiato in appena due anni.

In un rapporto del 2020 della Brookings Institution si evidenzia che l’Italia ha il piano di sviluppo dell’IA più completo al mondo, è seguita da Francia, Germania, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Nonostante ciò, Francesco Amendola, uno degli autori della ricerca, afferma che “le tecnologie più innovative e che possono apportare i maggiori vantaggi competitivi per le aziende, non trovano i giusti presupposti e finanziamenti nell’ambito del PNRR: in particolare Blockchain e Intelligenza Artificiale”. La ricerca comunque evidenzia che l’Italia rimane tra i leader a livello mondiale in ambito IA.

Attualmente, le università italiane offrono più di 200 curricula in IA distribuiti e non solo, l’Italia nel 2021 ha lanciato uno dei più grandi e ambiziosi dottorati in intelligenza artificiale a livello mondiale chiamato Dottorato Nazionale in “Intelligenza Artificiale”. Inoltre, ospita diverse infrastrutture di ricerca di alto livello, è uno dei membri fondatori della Global Partnership on Artificial Intelligence (GPAI) e i ricercatori italiani partecipano a tutte le principali reti di ricerca internazionali sull’IA, comprese le reti UE più prestigiose, come CLAIRE ed ELLIS. Ci sono comunque diversi punti di debolezza quali: frammentarietà della ricerca, insufficiente attrazione di talenti, significativo divario di genere (solo il 19% dei ricercatori di IA sono donne), e limitata capacità brevettuale.

Dal punto di vista dell’ecosistema imprenditoriale, l’Italia registra un numero crescente di start-up con competenze IA. Esistono oltre 110 spin-off universitari o start-up collegate a centri di ricerca nel 2020 e, secondo una ricerca condotta dalla School of Management del MIP, il 53% delle imprese medio-grandi italiane dichiaravano di aver avviato almeno un progetto di IA. I settori che mostrano la maggiore diffusione di progetti pienamente operativi sono il manifatturiero (22% del totale dei progetti iniziati), bancario-finanziario (16%) e le assicurazioni (10%).

William Carbone, autore della ricerca, afferma che: “grazie all’IA, varie aziende potrebbero diventare società orientate alla scoperta, creando un’organizzazione la cui cultura è definita da una sperimentazione rigorosa, applicata anche ai propri processi interni, così da far parte integrante della loro strategia e delle iniziative di business”.

Il PNRR e la digitalizzazione del Paese, a che punto siamo?

Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza il governo italiano mira a sfruttare i finanziamenti dell’Unione Europea stanziati nell’ambito del programma Next Generation UE per aumentare la crescita economica del Paese, ridurre il rapporto debito pubblico/PIL e diminuire il tasso di disoccupazione. Uno degli assi più importanti del PNRR, al quale corrisponde circa il 25% del totale della spesa, è la transizione digitale, un’area di urgenza critica per l’Italia: secondo l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione Europea (DESI) 2021, l’Italia si trova al ventesimo posto rispetto ai 27 Stati membri dell’UE.

Attualmente, la trasformazione digitale rappresenta un mercato che incide per oltre il 4% del PIL e ha una tendenza crescente: il 67% delle aziende italiane nel 2021 ha messo in atto tecnologie digitali, rispetto al 58% dell’anno precedente (Confindustria, 2021). Nonostante ciò, in Italia ci sono diversi fattori ad ostacolare l’andamento di questa trasformazione come il digital divide e la minaccia degli attacchi cyber.

Secondo un rapporto Auditel-Censis, circa il 10% delle famiglie italiane non ha alcuna connessione ad Internet, circa il 30% ha solo una connessione mobile e una famiglia su 4 ha solo uno smartphone per collegarsi ad Internet. Inoltre, secondo l’ISTAT, oltre il 25% delle famiglie ritiene che Internet non sia utile o interessante e quasi il 60% delle famiglie non sa utilizzare affatto Internet. Per quanto riguarda le conseguenze della pandemia sull’istruzione, si evidenzia che nel 2020 l’8% deli studenti è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza (DAD), quota che sale al 23% se si considerano i soli studenti disabili.

Un punto critico assai impattante è il continuo aumento degli attacchi cyber a livello mondiale. Secondo un rapporto di Clusit (2021) gli attacchi sono aumentati del 10% rispetto all’anno precedente e sono stati sempre più gravi. In Italia, si è registrata una percentuale di compromissione dei server di quasi il 60% in più rispetto il 2020: i settori più colpiti sono Finance/Insurance e la Pubblica Amministrazione, per un totale di circa il 50% dei casi, mentre è il settore dell’Industria quello che ha presentato l’aumento più significativo, passando dal 7% del 2020 al 18% del 2021.

La digitalizzazione in Italia: indietro rispetto i vicini europei ma con un futuro promettente

Un rapporto ISTAT del 2021 evidenzia che in Italia solo il 20% delle imprese ha un elevato livello di adozione dell’ICT (Information and Communications Technologies) e solo il 30% delle imprese ricorre a processi produttivi ‘intelligenti’ e a dispositivi IoT (Internet of Things). Come già accennato, l’Italia si posiziona molto indietro nella classifica europea per sviluppo digitale, ciò è dovuto in particolare ad una mancanza di capitale umano: l’86% dei lavoratori italiani non ha le competenze digitali necessarie alle aziende (Salesforce, 2021).

Rispetto ai 27 stati UE, l’Italia, è al 17º posto per “fattori abilitanti della trasformazione digitale”, al 18º per digitalizzazione della PA, 23º per digitalizzazione e addirittura 25º per diffusione delle competenze digitali. In testa alla classifica delle economie digitali più avanzate dell’UE si trovano Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi, mentre Romania, Bulgaria sono i fanalini di coda. L’Unione mira a che entro il 2030 l’80% dei cittadini possieda competenze digitali di base, ma dal 2015 si è registrato un tasso di crescita annuo pari solamente allo 0,9%. Per raggiungere l’obiettivo dell’80% fissato per il 2030, questo tasso di crescita deve triplicare.

Nonostante il ritardo nella digitalizzazione che l’Italia presenta rispetto agli altri stati europei, si intravede un futuro promettente. Gli autori della ricerca hanno analizzato i dati di accesso ai principali servizi digitali evidenziano come in Italia il percorso di Trasformazione Digitale risulti ben intrapreso grazie allo sviluppo di piani aggiornati e per lo stanziamento di nuovi fondi, specialmente per quanto riguarda l’offerta di servizi digitali ai cittadini. Ad oggi al servizio digitale PagoPA ha aderito finora il 99,4% dei comuni italiani, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) comprende tutti i comuni del territorio nazionale, la Carta d’Identità Elettronica (CIE) fa segnare 22 milioni di accessi digitali, SPID conta 27 milioni di identità digitali erogate e 570 milioni di accessi, l’App “IO” è stata scaricata da oltre 25 milioni di cittadini italiani, e il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) ha oltre 350 milioni di referti digitalizzati accessibili.

A livello territoriale, rimane forte il divario Nord-Centro e Sud del Paese. L’Osservatorio Agenda Digitale del MIP nota che al primo posto per quanto riguarda la crescita digitale spicca la Provincia Autonoma di Trento con 57,5 punti, seguita dalla Lombardia con 56,2 e dalla Provincia Autonoma di Bolzano (56,1). A chiudere la classifica ci sono Basilicata, Calabria e Molise.

Per far fronte al bisogno di digitalizzare del Paese, il PNRR prevede degli investimenti dedicati alla digitalizzazione della PA e alla formazione digitale del personale, così come il miglioramento della sicurezza online, lo sviluppo di infrastrutture di cloud computing e punta a garantire una connettività a 1 Gbps per tutti e la piena copertura 5G delle aree popolate entro il 2026, con 4 anni d’anticipo rispetto all’obbiettivo UE. Sarà anche significativo l’investimento per l’espansione dei dottorati di ricerca e dottorati innovativi, specie considerando che: attualmente il numero di dottorati di ricerca conseguiti in Italia è tra i più bassi nella UE; circa il 20% delle persone che completano un dottorato di ricerca si trasferisce all’estero; chi avendo completato il dottorato rimane in Italia soffre di un profondo disallineamento tra l’alto livello di competenze avanzate che possiede ed il basso contenuto professionale che incontra sul luogo di lavoro.

        L’Italia verso la trasformazione digitale

La trasformazione digitale, più che un obiettivo, è un percorso. Il PNRR si propone di ridurre e risolvere tramite investimenti mirati il gap digitale sia tra l’Italia e gli altri Stati europei, sia tra le stesse regioni italiane. Nonostante i molteplici ostacoli, l’Italia sta mano a mano realizzando gli obiettivi digitali e di sviluppo prefissati. Bisogna comunque riconoscere i limiti del PNRR, le criticità in formazione digitale dei cittadini e le forti differenze tra regioni, problematiche da azzerare e appianare il prima possibile per poter compiere correttamente questa trasformazione digitale, e poter finalmente riconoscere poi un Paese più moderno, evoluto e agile. Vedendo l’andamento positivo in ambito IA, gli autori della ricerca consigliano di rafforzare la base di ricerca sull’IA e i finanziamenti associati, promuovere misure per trattenere e attrarre talenti, migliorare il processo di trasferimento tecnologico e aumentare l’adozione dell’IA tra le imprese e la pubblica amministrazione, favorire la creazione di imprese innovative e aumentare gli investimenti, in quanto come affermato da William Carbone: “il potenziale dell’IA risiede nella creazione di un approccio più sistematico, integrando l’IA nelle organizzazioni che perseguono l’innovazione”.


Sulla Rome Business School:

Rome Business School è una Business School con base a Roma ma operante su scala globale. Offre programmi di Master, MBA e formazione di Executive. La qualità dei Master è riconosciuta nelle classifiche internazionali di Eduniversal 2021 e accreditata a livello nazionale da ASFOR. Rome Business School ha ottenuto anche l’EOCCS (EFMD Online Course Certification System), certificazione che attesta la qualità della formazione digitale offerta rilasciata da EFMD, l’Istituto di accreditamento più autorevole in Europa.

Rome Business School accoglie ogni anno centinaia di studenti, professionisti, imprenditori ed aziende di oltre 100 nazionalità che sono guidati verso l’acquisizione di una preparazione d’eccellenza grazie a modelli aperti, flessibili e funzionali adatti a qualsiasi livello professionale. Nel suo impegno per la crescita degli studenti Rome Business School ha gestito, nel corso del 2020, 2.972 offerte di lavoro grazie alle sue oltre 300 aziende partner. Lo sviluppo del “Career Services” durante l’anno ha permesso alla RBS di ottenere un tasso di collocamento professionale del 96% per i suoi studenti ed una crescita salariale media del 34% dopo 6 mesi dal completamento degli studi.

Rome Business School è membro di Planeta Formación y Universidades, un network internazionale creato nel 2003 da De Agostini e dal gruppo Planeta, il quale incarna il forte impegno delle due compagnie nella formazione universitaria e manageriale. Planeta Formación y Universidades, la divisione didattica del Grupo Planeta, rappresenta l’impegno del gruppo nella formazione universitaria e professionale. Può contare su una rete internazionale di 22 istituzioni educative in Spagna, Francia, Francia, Italia, Colombia, Nord Africa e Stati Uniti. Ogni anno, più di 100.000 studenti di 114 nazionalità diverse vengono formati nelle sue scuole di business, università, scuole specialistiche e centri di formazione professionale attraverso più di 500 programmi. Professionisti a tutti i livelli di istruzione superiore sono formati presso le sue istituzioni in corsi in presenza, a distanza o misti, in stretta collaborazione con le imprese.

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Maria Victoria La Terza