IL COLORE DELLA FORMA in scena al Teatro Marconi dal 17 al 27 ottobre
IL COLORE DELLA FORMA
di Marco Schiavon
Testo vincitore del premio
“Cendic Segesta 2018”
Con Marco Prosperini
E con (in ordine alfabetico)
Anna Lisa Amodio
Amedeo D’Amico
Maria Cristina Fioretti
Mario Focardi
Luchino Giordana
Giorgia Guerra
Roberto Turchetta
Regia Nicasio Anzelmo
scene Giovanni Nardi
costumi Maria Alessandra Giuri
musiche Giovanni Zappalorto
video mapping Thomas Battista
aiuto alla regia Matteo Tanganelli
tecnico luci Nathan Tagliavini
organizzazione Rossella Compatangelo
foto di scena Tommaso Le Pera
Dal 17 al 27 ottobre 2024
giovedì, venerdì e sabato ore 21.00
domenica ore 17.30
Teatro Marconi
(Viale Guglielmo Marconi 698/E – Roma)
È stato spesso detto che nell’arte non si può prescindere dalla personalità di chi concepisce un’opera, e che il confine tra genio e follia può essere labile. Spesso la società ha idealizzato questa associazione tra pazzia e genialità, senza tenere conto del dolore e dell’isolamento che accompagnano questa condizione. È il caso del protagonista del testo di Marco Schiavon, dove la pittura diventa una dimensione mentale che lo fa sentire libero, in contrapposizione alla realtà del manicomio dove rimarrà sino alla fine dei suoi giorni.
Attraverso il protagonista, il pittore Gino Rossi (grande innovatore, amico di Martini, Modigliani, Casorati), l’autore ci conduce per mano nei meandri della psiche umana, mostrandoci la realtà e la vita di relazione nelle “prigioni a vita”, quali erano i manicomi in Italia sino ad alcuni decenni fa.
Note di Regia
ARTE E FOLLIA
La follia è presente in moltissime biografie di grandi artisti, è un tema che ha sempre affascinato molti. Cercare un legame tra follia e creatività non è un esercizio di grande difficoltà. Spesso le innovazioni, l’uscire fuori dagli schemi “tradizionali” prestabiliti da una cultura dominante, la violazione delle norme sociali, e soprattutto delle norme morali, porta la società a definire mentalmente instabile il soggetto protagonista di tali azioni. In psicologia, psichiatria e nel senso comune, con il termine follia o pazzia, si indica genericamente una condizione psichica che identifica una mancanza di adattamento, che il soggetto manifesta nei confronti della società, spesso in maniera non pienamente consapevole, attraverso il suo comportamento, le relazioni interpersonali e stati psichici alterati che causano stati di sofferenza psicologica nel soggetto. La teoria che arte e follia siano strettamente legate ha affascinato filosofi e non solo, sin dai tempi di Aristotele, che affermava a proposito: “gli uomini eccezionali, in filosofia, politica, poesia o arte, sono manifestamente malinconici e alcuni al punto da essere considerati matti”. Una delle teorie più diffuse è che il cervello di artisti e scienziati non abbia un filtro compatibile con la realtà esterna: tutti gli stimoli provenienti dall’esterno verrebbero riconosciuti come importanti, permettendo all’individuo di stabilire connessioni originali e sorprendenti. Ma è realmente così? Secondo Annelore Homberg dell’università di Chieti” la creatività è una realtà psichica, la malattia mentale è tutt’altro. E tra l’una e l’altra non c’è alcun nesso causale, nel senso che non è la tendenza a sviluppare una patologia mentale a rendere creativa una persona”. L’artista o “il genio” sono pur sempre persone. Vanno dunque pensate (e studiate) nel loro contesto e ambiente sociale. Un tratto importante in una ricerca di questo tipo dovrebbe dunque essere segnato dai rapporti affettivi dell’artista e dalla reazione degli altri alla sua realizzazione. Il dubbio sulla effettiva esistenza di un legame tra genio e follia è ancora dibattuto, al di là dei numeri e delle indagini sul tema: Arte e disagio mentale.
Con questo spettacolo affronteremo questo tema attraverso la vita di un artista come Gino Rossi, uno dei massimi esponenti dell’arte pittorica italiana degli inizi del novecento. Le varie vicissitudini umane e artistiche lo portarono verso nuove visioni e tendenze, influenzando le sue scelte pittoriche dal postimpressionismo al cubismo. Attraverso i suoi quadri, proiettati e scomposti su una scena nuda, entreremo nel suo intimo più profondo, cercando di analizzare come il rapporto, tra genio e follia, sia stato fondamentale nella sua vita come nella sua arte.
La scena si svolge all’interno di un manicomio, quello di Sant’Artemio di Treviso, dove l’artista venne recluso per più di 25 anni, fino alla sua morte avvenuta nel 1947.
“Come CENDIC – dichiara Maria Letizia Compatangelo, Presidente del CENDIC – siamo veramente felici e orgogliosi di salutare la messinscena de Il colore della forma, e grati a tutti coloro che ci hanno supportati in questo difficile e quasi visionario percorso, dall’annuncio del Premio sino alla sua conclusione, con l’approdo in palcoscenico del testo vincitore. A cominciare dal bel testo di Marco Schiavon, Il colore della forma è uno spettacolo pieno di valore e di valori, il prodotto di una grande sinergia di volontà, intelligenze e talenti che insieme hanno dato vita ad uno spettacolo emozionante, originale e profondo.”
“Con competenza di linguaggio nell’arte della pittura e attraverso la giustapposizione o l’accostamento di differenti impieghi della parola, della forma scenica e dell’invenzione dello spazio, Il colore della forma va oltre la semplice biografia e riesce – anche con notevoli spunti di ironia, lirismo e leggerezza – a dare corpo e a far vivere la figura di Gino Rossi, il suo mondo e il contrasto doloroso e incolmabile tra la sensibilità nuda e intransigente dell’artista rispetto a un mondo incomprensibilmente violento, dove tutto è negoziabile. Una drammaturgia che al contempo racconta una storia, genera un’azione ed esalta l’arte dell’attore.” (dalla motivazione del premio CENDIC).
Il progetto è stato realizzato grazie al fondamentale sostegno del Centro Teatrale Meridionale di Domenico Pantano, con la volontà di promuovere la drammaturgia italiana contemporanea, e con il contributo del NUOVO IMAIE.