L’hospitality sta vincendo la sfida di reclutare i migliori talenti?
L’hospitality sta vincendo la sfida di reclutare i migliori talenti?
Stephanie Ruiz De Jongh, Head of Career Services & Industry Relations di Les Roches Global Hospitality Education, illustra le principali testimonianze di alcuni principali attori del settore hospitality emerse durante un panel organizzato dall’istituto volto a approfondire il rapporto tra l’industry e le principali skills per avere successo.
L’ospitalità è un settore in grandissima
espansione che ad oggi impiega già un decimo dell’occupazione globale, che è
destinato ad aumentare questo rapporto a 1 su 9 entro il 2028; da quel momento
offrirà più di 400 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo (WTTC Travel and Tourism: Global
Economic Impact and Issues 2018).
La rapida
espansione del settore hospitality è sicuramente entusiasmante anche in
termini in termini economici. Ma può continuare ad essere alimentato da
un’offerta adeguata in termini di talento? E quali sono le competenze chiave
che il settore richiede ora e in futuro?
Essendosi classificato
al terzo posto tra i migliori istituti universitari al mondo per l’Hospitality
e il Leisure Management e tra i primi 3 al mondo per “reputation”
presso i datori di lavoro (QS World University Rankings by Subject
2019), Les Roches attrae professionisti qualificati del settore da tutto il mondo.
Tutti i relatori dell’evento, infatti, erano in Svizzera principalmente per
partecipare al Career Day dell’università, occasione in cui dove poter
incontrare e parlare con i candidati per stage e potenziali futuri dipendenti.
Cosa cercano gli attori del settore, mentre valutano i candidati?
Per Kerry
Robbins, Director of Talent Acquisition di Jumeirah Hotels and Resorts con sede a Dubai, una delle competenze
più importanti e maggiormente ricercata in potenziali dipendenti è l’intelligenza emotiva, soprattutto per
ricoprire ruoli di frontline. “Un ottimo servizio è tutto ciò che le
nostre risorse fanno senza essere invitati dagli ospiti. Questo è possibile solo
se si è molto attenti, empatici e si è capaci di leggere determinate situazioni
e circostanze “, dice.
Intelligenza emotiva: skill innata o che può essere insegnata?
Questo livello di intelligenza emotiva può
essere insegnato prima di entrare nel mondo del lavoro o sviluppato una volta
al suo interno? Secondo Syed Asim
Hussein, co-fondatore dei ristoranti Black
Sheep in rapida espansione a Hong Kong, insegnare o sviluppare nei propri
dipendenti un elevato livello di intelligenza emotiva è sicuramente una
prospettiva molto più sfidante rispetto alla costruzione delle cosiddette “hard
skills”, ovvero quelle più tecniche.
“Siamo nel business dell’interazione
umana”, spiega. “Suggerisco vivamente agli studenti e ai futuri
manager del settore di lavorare sulle proprie competenze trasversali – anche se
significa doverlo fare nel tempo libero”.
Per il marchio di abbigliamento di lusso
Moncler, l’interazione umana nel
negozio è un aspetto essenziale dell’esperienza del cliente. L’ambiente di
vendita, caratterizzato da ritmo frenetico, pone anche in risalto le soft
skills del direttore del negozio, in particolare la sua leadership.
Nicola Eberl, Director della business unit del brand Ski Resorts, riconosce l’entità di
questa sfida, infatti dice: “Gestire le interazioni umane può sembrare
facile se fatto bene. Ma non lo è. Questo è particolarmente importante per i
nostri store managers che quotidianamente lavorano duramente per gestire i loro
team nel modo più efficace”.
L’importanza
dello storytelling
Un’altra delle cosiddette soft skills oggi trascurata, sebbene stia guadagnando sempre più
importanza, è lo storytelling. Oggi
i marchi devono connettersi con i loro clienti a un livello molto più
personale, costruendo una storia attorno al loro prodotto o servizio che sia
coerente e comprenda tutti i livelli di comunicazione, anche faccia a faccia.
Alexandre
Gerno,
Direttore HR EMEA di Moncler,
osserva: “Lo storytelling è lusso. Ciò che il cliente ricorderà è la
relazione che si può creare e la risposta emotiva che viene generata in loro.
Ciò è particolarmente vero nella nostra era digitale, in cui alcune delle
interazioni umane nel retail possono andare perse. È importante recuperarle e
la narrazione è la chiave. “
La buona notizia per i laureati in hospitalty con elevate
competenze trasversali è che la loro occupabilità si estende ben oltre il mondo
del travel e leisure.
La società di informazione e tecnologia finanziaria
Bloomberg è una frequentatrice abituale delle Career Days di Les Roches perché,
come dice Bruno Bassani, EMEA Global Customer Support Team Leader:
“Abbiamo spazio per persone con background diversi; ma dove i laureati
dell’ospitalità possono fare la differenza grazie alla loro adattabilità
culturale. Infatti è possibile addestrare e formare nuove risorse
nell’intelligenza emotiva e nelle capacità comunicative; ma quelli che arrivano
con quel pacchetto sul posto di lavoro hanno sicuramente un vantaggio. “
Non
mirare troppo in alto, troppo presto
Ciò su cui tutti i membri del panel concordavano è la
necessità per i professionisti dell’ospitalità di costruire il loro “employee
brand” partendo dal basso.
“Ho iniziato come cameriera”, dice Kerry Robbins Director of Talent Acquisition di Jumeirah
Hotels and Resorts, “Ora, mentre pianifico programmi e strategie per le
risorse umane, sono in grado di ripensare a quel momento e mi dà un’idea
migliore di quale effetto potrebbero avere questi programmi su colleghi con
ruoli in frontline.”
Nicola
Eberl, Director della business unit del brand Ski Resorts, aggiunge: “Se ci
si occupa di qualità bisogna essere un buon marketer e quindi conoscere molto
bene il prodotto e il cliente. Per poter acquisite queste informazioni il
negozio è il luogo più adatto. Non si può mai parlare solo di numeri spogli,
quindi quando visito un negozio, passo sempre mezza giornata a lavorare nel
reparto vendite. E ogni volta che esco da quel negozio ho imparato qualcosa di
nuovo e utile”.
Syed Asim Hussein, co-fondatore dei
ristoranti Black Sheep, mette in guardia
contro la tendenza a desiderare troppo, troppo presto. Dice: “Molti
laureati vogliono essere nei dipartimenti development, analysis, consulting …
ma io penso che ci sia un rito di passaggio necessario per arrivare a certe
posizioni. In primis è necessario stare in prima linea perché è dove si imparano
e sviluppano le abilità soft.
Dico sempre che i ristoranti e le chiese saranno i
nostri ultimi contesti non digitali. Per i GenY e i GenZ i ristoranti
diventeranno spazi preziosi lontano dai loro schermi e dai loro telefoni.
Dobbiamo quindi assicurarci di avere la capacità di continuare a offrire loro
interazioni umane non digitali “.